LA STRAGE DI PIAZZA LOGGIA

LA STRAGE DI PIAZZA LOGGIA

Il contesto di riferimento

Tutti i primi mesi del 1974, a Brescia, sono punteggiati da attentati e provocazioni che sembrano preludere ad una rappresentazione in grande stile. Brescia, dopo Milano, diventa così la piazza che viene prescelta per un nuovo esperimento eversivo.
Questa sembra essere l'opinione espressa dal segretario provinciale del Movimento Sociale Italiano, Umberto Scaroni il quale, in una circolare del 28 gennaio, indirizzata ai propri iscritti, afferma che al termine del primo semestre del 1974, anche a prescindere dall'esito delle importanti competizioni elettorali di primavera (il referendum sul divorzio,ndr.), è anche prevedibile il maturarsi di una situazione generale di estrema tensione.
Non c'era quindi tempo da perdere e in quei mesi si stava preparando il partito per ogni tipo di evenienza.

Il 15 febbraio scoppia un nuovo ordigno all'entrata di un supermercato: rivendicato dalle S.A.M. (Squadre di Azione Mussolini).
Il 9 marzo in Valcamonica i carabinieri arrestano Kim Borromeo e Giorgio Spedini mentre stanno trasportando mezzo quintale di esplosivo. In questa occasione viene rinvenuta anche una banconota del sequestro Cannavale.
L'8 maggio viene aperta una borsa dimenticata da alcuni giorni davanti all'ingresso della sede provinciale della C.I.S.L.: dentro ci sono otto candelotti di dinamite e tre etti di tritolo innescati con un detonatore ed una miccia che si è fortunatamente spenta.
In risposta a ciò, la Federazione Unitaria propone, per il venerdi successivo, un'astensione dal lavoro di 10 minuti.

Il giorno 9 maggio vengono arrestati alcuni noti personaggi dell'eversione nera nell'ambito dell'inchiesta sul M.A.R. e sulle S.A.M.. Finiscono così in carcere, assieme a Carlo Fumagalli, un folto gruppo di neofascisti: tra gli altri, quegli stessi personaggi che, nel febbraio dell'anno precedente, avevano attentato alla Federazione provinciale socialista ed avevano beneficiato alcuni mesi prima, a Roma, della scandalosa assoluzione generale al processo contro Ordine Nuovo.
I piani del M.A.R. sono chiari per stessa ammissione degli imputati e dei testimoni: provocare, attraverso azioni di commando in Valtellina, all'indomani del referendum per il divorzio, una guerra civile destinata ad estendersi a tutto il Paese.
L'obiettivo è quello di creare una situazione in cui i militari siano costretti ad intervenire e successivamente ad appoggiare una repubblica presidenziale. A questo punto appare evidente come l'esplosivo trovato sulla "128" Rally di Borromeo ed il commando scoperto a Pian di Rascino, tra Rieti e l'Aquila, il 30 maggio, siano riscontri che fanno emergere limpidamente un piano eversivo di cui piazza Loggia non può che essere un tassello, forse quello principale.

Nella notte tra il 18 e il 19 maggio salta in aria in piazza Mercato, a poche centinaia di metri da piazza Loggia, il giovane neofascista Silvio Ferrari, collegato agli ambienti neri veronesi e sanbabilini, mentre stava trasportando sulla propria motoretta un ordigno esplosivo. Nello stesso momento, in un'altra zona della città, un'auto targata Milano, con a bordo quattro fascisti, si schianta contro un muro: il conducente muore all'istante. Nel baule viene rinvenuto materiale propagandistico dell' MSI. Per il giorno seguente, in città, viene convocata una manifestazione di ex-combattenti. L'intento è di compiere un attentato per poi farne cadere le responsabilità sulle forze di sinistra. Durante i funerali di Silvio Ferrari vengono arrestati cinque suoi camerati del gruppo veronese neonazista "Anno Zero", mentre quelli bresciani, guidati da uno dei responsabili del "Fronte della Gioventù" che sarà tra i maggiori indiziati della strage del 28 maggio, organizzano ripetute provocazioni contro i lavoratori e gli studenti che presidiano il luogo del fatale incidente.

La Federazione C.G.I.L. - C.I.S.L. - U.I.L. distribuisce un volantino in tutte le fabbriche della città e della provincia denunciando come gli attentati dei giorni e dei mesi precedenti rientrino in un disegno costruito da chi ha mezzi ed obiettivi molto precisi.
Il comunicato sindacale prosegue ricordando i fatti: Ferrari salta in aria domenica notte. Un'auto che trasporta materiale propagandistico di destra si schianta quella stessa notte contro un fabbricato: un morto e tre feriti. Domenica un ordigno esplosivo viene scoperto presso la sede della C.I.S.L., mentre una banda di teppisti inscenava una manifestazione in piazza Mercato. Oggi una telefonata annunciava la presenza di una bomba nella sede della Camera del Lavoro.
E' grave - conclude il comunicato - che si sfugga all'attentato per cause fortuite e che si scoprano le trame nere per accidenti dovuti all'incoscienza, all'inesperienza e all'irresponsabilità.
E' un chiaro atto d'accusa verso chi dovrebbe tutelare l'ordine pubblico e la serena convivenza civile, ma non lo fa: per inefficienza o per inettitudine?
Il sindacato opta per una risposta corale, di massa, quanto mai partecipata, che solo uno sciopero generale può garantire.

LA STRAGE DI PIAZZA LOGGIA

Il C.U.A. (Comitato Unitario Antifascista), presieduto dal socialista Ettore Fermi, stretto in esigui margini di manovra e strutturalmente non abituato al confronto che non sia l'accordo sulle scadenze "storiche", privilegia una soluzione unitaria tra le forze in esso rappresentate: questa è caratterizzata più da una denunzia dei fatti che da una iniziativa politica conseguente, la sola in grado di dare a questa scadenza un significato non episodico e marginale.

LA STRAGE DI PIAZZA LOGGIA

Viene indetta la manifestazione

Per il giorno 28 maggio si trova l'accordo per indire una manifestazione antifascista con un'astensione dal lavoro di quattro ore, per opporsi all'ondata terroristica di cui piazza Mercato è il momento più significativo, agli abili e sconosciuti registi ed alle compiacenti coperture.
Il giorno 22 maggio, durante i lavori del direttivo della Federazione Unitaria, a cui interviene l'on. Nicoletto, si concordano le modalità dello sciopero e si indicano, nell'on. Adelio Terraroli e nei sindacalisti Gianni Panella e Franco Castrezzati, gli oratori che prenderanno la parola nel corso della manifestazione convocata in piazza della Loggia.

IL DISCORSO DI CASTREZZATI

Amici e compagni lavoratori, studenti. Siamo in piazza perché, in questi ultimi tempi, una serie di attentati di marca fascista ha posto la nostra città e la nostra città provincia all’attenzione preoccupata di tutte le forze antifasciste. E le preoccupazioni sono tante più acute ove si tenga conto che la macchina difensiva delle istituzioni democratiche della repubblica sia messa in moto solo dopo che alcune fortuite circostanze hanno rivelato l’esistenza di un’organizzazione eversiva ampiamente finanziata e dotata di mezzi micidiali sufficienti comunque a creare il terrore e sbandamento. Il drammatico episodio di Piazza Mercato ha imposto un colpo di acceleratore nelle indagini sulle trame nere. Sono così venuti alla luce uomini di primo piano, già legati alla Repubblica di Salò che hanno rapporti con gli attentatori di Piazza Fontana e del direttissimo Torino-Roma, con il disciolto gruppo di ordine nuovo risolto poi sotto la sigla di Ordine Nero, con le squadracce d’azione Mussolini e con il Movimento d’Azione Rivoluzionaria, con le organizzazioni “La Rosa dei Venti” e “Riscossa” e con lo stesso Movimento Sociale Italiano. Si scopre così un fortino alla periferia della città, una sorta di campo di addestramento messo a disposizione dall’ingegnere di Collebeato, ufficialmente povero in canna, ma in realtà accasato una villa principesca. Vengono pure alla luce bombe, ami, tritolo, esplosivi di ogni genere, perfino cannoncini, anche se rudimentali. Qualcosa di più di quanto non sappiano mettere insieme quattro ragazzini esaltati dalla droga di ideologie assurde, ai quali viene cinicamente affidata l’esecuzione di attentati che spesso falliscono e si ritorcono come boomerang contro gli inesperti bombardieri. Ci troviamo di fronte a trame intessute segretamente da chi ha mezzi ed obiettivi precisi. Si vogliono, cioè, sovvertire le istituzioni democratiche della nostra Repubblica nate dalla Resistenza. A questo fine si strumentalizzano i giovani, le loro menti vengono imbottite di droga che sconvolge ogni valore universalmente accolto. Così si attenta alla vita umana che è un diritto naturale, si innescano ordigni esplosivi contro le sedi di partiti, di sindacati, di cooperative col proposito di intimidire. Il propellente per queste imprese banditesche è ancora una volta l’ideologia fascista. All’insegna del nazionalismo e del razzismo, la Repubblica di Salò ha intruppato nelle brigate nere giovani, spesso ancora adolescenti, inviandoli alla carneficina mentre deliranti e farneticanti urlavano slogan insensati. Oggi ancora si insiste su questa strada approfittando dell’inesperienza; ed è così che i mandanti, i finanziatori dell’eversione possono seminare distruzione e morte senza scoprirsi, possono camuffare le loro trame con tinte diverse da quella nera, come avvenuto per l’attentato di Piazza Fontana o del treno Torino-Roma, oppure, come avviene in ogni parte del mondo quando si vogliono soffocare le aspirazioni di progresso, di giustizia e di democrazia dei popoli. i titoli dei giornali dell’immediato dopoguerra mettevano ripetutamente in evidenza che a pagare per le colpe, per i misfatti, per i crimini del Fascismo erano normalmente i meno responsabili. Gli stracci così venivano definiti punto ed è a me che sembra che la storia si ripeta e cioè che anche oggi si scavi, non si scavi in profondità, che non si affondi il bisturi risanatore fino alla radice del male. La nostra Costituzione, voi lo sapete, vieta la riorganizzazione sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista; eppure il movimento sociale italiano vive e vegeta. Almirante, che con i suoi lugubri proclami in difesa degli ideali nefasti della Repubblica Sociale Italiana ordiva fucilazioni e ordinava spietate repressioni, oggi ha la possibilità di mostrarsi sui teleschermi come capo di un partito che è difficile collocare nell’arco antifascista e perciò costituzionale. A Milano... [SCOPPIO DELLA BOMBA]...

Fermi.....state fermi......compagni e amici state fermi.....calma....compagni e amici state fermi....state calmi....state all’interno della piazza....il servizio d’ordine faccia cordone.....intorno alla piazza.....state all’interno della piazza...all’interno della piazza....lavoratori state all’interno della piazza...il servizio d’ordine...state calmi...state calmi...state calmi...invitiamo tutti a portarsi sotto il palco....venite sotto il palco....lavoratori venite sotto il palco...il servizio dell’ordine...venite sotto il palco....lavoratori venite sotto il palco....state calmi...vi preghiamo di venire sotto il palco...lasciate posto alla croce bianca.

Il discorso di Castrezzati letto integralmente da figli e nipoti per il Cinquantesimo anniversario della strage (2024)

LA BOMBA

Alle 10:12 il discorso del segretario della F.L.M. viene interrotto da uno scoppio forte, secco che fa ricordare il botto di un potente petardo. S'alza un fumo grigio-azzurro ed un odore acre si spande nell'aria. Dopo un attimo di silenzio, le prime voci si levano dalla folla che ondeggia compatta, poi comincia a sussultare, a sbandare, mentre gli striscioni cadono a terra. La gente urla, impreca, fugge scompostamente. Rimangono sul selciato sei morti e qualche decina di feriti, alcuni dei quali in gravi condizioni. Due di questi moriranno nei giorni successivi in seguito alle ferite riportate.

LA STRAGE DI PIAZZA LOGGIA

LA RICOSTRUZIONE VIDEO

LA REGISTRAZIONE AUDIO

Significativa, a questo proposito, è la testimonianza di Manlio Milani, marito di una delle vittime. Franco Torri, che copriva con un parapioggia gli oratori, si avvicina al microfono e invita i manifestanti a mantenere la calma e a non abbandonare la piazza. Poi, mentre Giorgio Leali sollecita i manifestanti ad avvicinarsi per sicurezza verso il palco, dopo alcuni drammatici istanti di smarrimento, gli operai organizzano i primi soccorsi, fanno "cordone" dove è avvenuto lo scoppio, aiutano i feriti che appaiono meno gravi e coprono con le loro bandiere i corpi straziati delle vittime.

LE VITTIME

Giulietta Banzi Bazoli, anni 34 - Livia Bottardi Milani, anni 31 - Euplo Natali, anni 69 - Luigi Pinto, anni 25 - Bartolomeo Talenti, anni 56 - Alberto Trebeschi, anni 37 - Clementina Calzari Trebeschi, anni 31 - Vittorio Zambarda, anni 60

DOPO LA BOMBA

Gli avvenimenti subito dopo la strage

LA STRAGE DI PIAZZA LOGGIA

I partecipanti alla manifestazione, sconvolti dagli eventi, si spostano in piazza Vittoria che comunica con piazza Loggia attraverso due strade laterali ed un porticato centrale. I motivi che inducono i dirigenti sindacali a dare queste indicazioni, nascono da due ordini di preoccupazioni: corrono voci che in piazza ci siano, forse sotto le chiuse dei tombini, ancora delle bombe e quindi c'è il rischio di nuove esplosioni. L'altra ragione è che, lasciando sul luogo dell'attentato solo il servizio d'ordine sindacale coadiuvato da altri volontari, si possono facilitare le prime operazioni di trasporto dei feriti più gravi.

Verso le ore 11.00, i dirigenti sindacali e di partito che hanno partecipato alla manifestazione si trovano in Loggia, sede dell'Amministrazione comunale, nell'ufficio del sindaco della città, al fine di concordare le azioni da promuovere. Tra i sindacalisti presenti si intrecciano alcune proposte di mobilitazione, ma su tutte, prevale quella della occupazione simbolica delle fabbriche per il giorno seguente prolungando cosi lo sciopero generale sino al 29 maggio.

Nelle ragioni che sollecitano questa decisione, è presente la necessità di riallacciare un legame col movimento operaio al fine di orientare i lavoratori, dando loro la possibilità di una verifica di massa sulle iniziative da prendere nelle ore seguenti. Alla fine viene anche deciso che, durante la giornata del 29, delegazioni ristrette dei Consigli di Fabbrica dovranno recarsi in piazza Loggia a rendere omaggio ai caduti, mentre la Camera del Lavoro diventa il centro operativo a cui devono far riferimento tutti i quadri ed i dirigenti sindacali. Poco prima delle tredici, terminata la fase dei soccorsi, i vigili del fuoco lavano con gli idranti il luogo dell'eccidio. E' un'operazione che viene considerata normale anche da quella piccola folla di lavoratori che ancora stazionano in piazza, discutendo animatamente.

Sarà solo più tardi che ci si accorgerà della irresponsabilità dell'atto. La pulizia avviene prima che sia stata condotta a termine una ispezione accurata da parte degli organi inquirenti; in tal modo vengono dispersi i reperti dell'ordigno esplosivo collocato nel cestino, la cui natura diverrà uno dei punti su cui poggeranno le accuse a carico degli imputati e si avranno le maggiori perplessità sulla dinamica e sulle responsabilità personali per l'attentato terroristico.

Associazione Casa della Memoria